Ogni volta che abbiamo portato
amici a provare la cucina tipica della Tuscia, li abbiamo visti scorrere i menù
e restare sempre stupiti ed incuriositi dal “bujone”, termine che non consente
di comprendere al volo il contenuto della pietanza.
E, in effetti, o lo si conosce,
oppure bisogna per forza chiedere di cosa si tratti perché il termine è
criptico.
Il “bujone” è un piatto di carne
con origini povere e popolari perdute nel tempo, ancora oggi molto diffuso in
Tuscia ed in gran parte della Toscana.
Diciamo subito che non c’è alcuna
certezza sul significato del nome e svariate sono le teorie al riguardo, quasi
tutte, però, non sempre convincenti.
Nel “Dizionario delle origini” datato
1828, il termine “buglione” viene indicato come “brodo”, ma, come vedrete più
avanti, non pare corrispondere al piatto di cui stiamo parlando. Altrettanto
poco persuasiva è la tesi secondo cui “possiamo,
ma senza convinzione, pensare che possa stare ad indicare il fatto che la
cottura va fatta con il tegame coperto, cioe al buffo”; secondo altri “ha il significato di mescolanza poichè il
piatto, in origine, veniva fatto con gli avanzi di varie carni mescolate
assieme, dal manzo, agnello, al pollame, al coniglio, al maiale”.
C’è chi, più propriamente, lo ricollega al termine francese
“bouillon” dal verbo “boullir” (bollire); potrebbe essere, perché il bujone
viene sicuramente fatto bollire, però non si comprende perché in Tuscia e
maremma si sarebbe utilizzato un termine di origine francese.
La tesi più convincente, secondo noi, rimane quella della
Dott.ssa Maura Lotti, grande studiosa dei fatti di Tuscia, che riconduce il
bujone alla parola longobarda “buion” che significa “ciotola - pentola”; e, in effetti, da un lato il bujone non è altro che carne che cuoce ore in pentola,
Quali che siano, comunque, origine e significato del nome,
resta il fatto che il bujone è un piatto buonissimo e molto versatile; lo si fa
per lo più con il cinghiale, ma non è raro trovarlo anche di agnello, di pollo,
di pecora, di vitella, etc.
Data la vastità del territorio che lo ha come piatto tipico,
le versioni sono ovviamente spesso diversificate. In Tuscia, ci è parso di
rinvenire sostanzialmente due tipi di bujone: uno più “interno” (Viterbo e dintorni
del lago) che tende ad assomigliare al “gulasch” ungherese, con molto sugo
particolarmente denso (ad es. il bujone della Voltarella di Valentano), ed uno
“maremmano” con una minore quantità di sugo che si intravede appena (come
quello che fanno da Isolina a Canino).
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il bujone della Voltarella |
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bujone tipo maremmano |
Noi, comunque, come sempre proponiamo la ricetta della mitica
Signora Cencina di Ischia di Castro che potrebbe essere definita del tipo
maremmano:
lei lo fa di agnello e mette in una pentola l’aglio ed il
peperoncino (ingredienti fondamentali) insieme al rosmarino, salvia ed una
foglia di alloro e, dopo un breve soffritto, aggiunge la carne che sfuma con il
vino cui aggiunge concentrato di pomodoro; il tutto cuoce un paio di ore.
Il Bujone è un piatto molto diffuso e, quindi, non dovrebbe
essere difficile degustarlo in ristoranti e trattorie della Tuscia. Tra i
locali da noi segnalati, dovreste trovarlo certamente alla già citata
Voltarella nonché all’Alloro di Valentano (di agnello, piatto tipico del
paese), all’Archetto di Viterbo (di pecora), da Isolina a Canino (di
abbacchio), da Giggiotto ad Ischia di Castro (di vitella o cinghiale), e,
sempre a Ischia, all’Agriristoro Radichino dei F.lli Pira, oppure a Gradoli dalle Custodi
del focolare.
Buon appetito!