giovedì 17 marzo 2016

Piatti tipici: il "bujone"

Ogni volta che abbiamo portato amici a provare la cucina tipica della Tuscia, li abbiamo visti scorrere i menù e restare sempre stupiti ed incuriositi dal “bujone”, termine che non consente di comprendere al volo il contenuto della pietanza.

E, in effetti, o lo si conosce, oppure bisogna per forza chiedere di cosa si tratti perché il termine è criptico.

Il “bujone” è un piatto di carne con origini povere e popolari perdute nel tempo, ancora oggi molto diffuso in Tuscia ed in gran parte della Toscana.

Diciamo subito che non c’è alcuna certezza sul significato del nome e svariate sono le teorie al riguardo, quasi tutte, però, non sempre convincenti.
Nel “Dizionario delle origini” datato 1828, il termine “buglione” viene indicato come “brodo”, ma, come vedrete più avanti, non pare corrispondere al piatto di cui stiamo parlando. Altrettanto poco persuasiva è la tesi secondo cui possiamo, ma senza convinzione, pensare che possa stare ad indicare il fatto che la cottura va fatta con il tegame coperto, cioe al buffo”; secondo altri “ha il significato di mescolanza poichè il piatto, in origine, veniva fatto con gli avanzi di varie carni mescolate assieme, dal manzo, agnello, al pollame, al coniglio, al maiale”.

C’è chi, più propriamente, lo ricollega al termine francese “bouillon” dal verbo “boullir” (bollire); potrebbe essere, perché il bujone viene sicuramente fatto bollire, però non si comprende perché in Tuscia e maremma si sarebbe utilizzato un termine di origine francese.

La tesi più convincente, secondo noi, rimane quella della Dott.ssa Maura Lotti, grande studiosa dei fatti di Tuscia, che riconduce il bujone alla parola longobarda “buion” che significa “ciotola - pentola”; e, in effetti, da un lato il bujone non è altro che carne che cuoce ore in pentola,

e, dall'altro, i Longobardi sono stati padroni della Tuscia e della Toscana per almeno due secoli, e moltissime delle loro espressioni sono diventate parole nostre comuni ed attuali (ad es. graffiare, spranga, zaino, ricco, guarire, ed altre migliaia) tanto che persino il nome stesso di "maremma" è longobardo (letteralmente, "marharemark - terra di confine dei cavalli del popolo longobardo").


Quali che siano, comunque, origine e significato del nome, resta il fatto che il bujone è un piatto buonissimo e molto versatile; lo si fa per lo più con il cinghiale, ma non è raro trovarlo anche di agnello, di pollo, di pecora, di vitella, etc.

Data la vastità del territorio che lo ha come piatto tipico, le versioni sono ovviamente spesso diversificate. In Tuscia, ci è parso di rinvenire sostanzialmente due tipi di bujone: uno più “interno” (Viterbo e dintorni del lago) che tende ad assomigliare al “gulasch” ungherese, con molto sugo particolarmente denso (ad es. il bujone della Voltarella di Valentano), ed uno “maremmano” con una minore quantità di sugo che si intravede appena (come quello che fanno da Isolina a Canino).

il bujone della Voltarella









bujone tipo maremmano


Noi, comunque, come sempre proponiamo la ricetta della mitica Signora Cencina di Ischia di Castro che potrebbe essere definita del tipo maremmano:

lei lo fa di agnello e mette in una pentola l’aglio ed il peperoncino (ingredienti fondamentali) insieme al rosmarino, salvia ed una foglia di alloro e, dopo un breve soffritto, aggiunge la carne che sfuma con il vino cui aggiunge concentrato di pomodoro; il tutto cuoce un paio di ore.


Il Bujone è un piatto molto diffuso e, quindi, non dovrebbe essere difficile degustarlo in ristoranti e trattorie della Tuscia. Tra i locali da noi segnalati, dovreste trovarlo certamente alla già citata Voltarella nonché all’Alloro di Valentano (di agnello, piatto tipico del paese), all’Archetto di Viterbo (di pecora), da Isolina a Canino (di abbacchio), da Giggiotto ad Ischia di Castro (di vitella o cinghiale), e, sempre a Ischia, all’Agriristoro Radichino dei F.lli Pira, oppure a Gradoli dalle Custodi del focolare
Buon appetito!



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